Friday 12 July 2013

ADDIO ALLO SHALE


Niente da fare. Si era partiti con l’entusiasmo della scoperta e ci si arena di fronte ai problemi della realtà. In questo caso a deludere, e non poco, è lo shale, il gas scisto che aveva dato tante soddisfazioni a quegli economisti che già l’indicavano come leva per l’indipendenza energetica statunitense. Purtroppo per loro, ma per fortuna per le falde acquifere che dall’estrazione selvaggia erano irrimediabilmente inquinate, i pozzi di gas scisto si esauriscono in fretta, troppo in fretta per poter rimborsare i costi di apertura e perforazione.

In pratica le società non riescono a riavere indietro i capitali investiti in quella che è un’opera non solo di estrazione e lavorazione, ma anche di ricerca dei pozzi. Infatti, mentre un pozzo “tradizionale” inizia a esaurirsi dopo anni, quello shale perde forza già dopo i primi 12-18mesi, costringendo quindi ad altre perforazioni. Una tecnica, tra l’altro nemmeno esportabile per il semplice fatto che finora le perforazioni erano avvenute in zone a bassa densità. In Europa, invece, o peggio ancora in Asia, l’idea sarebbe assolutamente impraticabile.

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